Volare è, per molti, sinonimo di libertà e avventura. Per altri, invece, rappresenta una fonte intensa di ansia e disagio. L’aviofobia – la paura di volare – è una forma di fobia situazionale che può influenzare in modo significativo la qualità della vita di chi ne soffre, limitando viaggi, opportunità lavorative e interazioni sociali. Sebbene questa condizione sia relativamente comune, ancora poco si conosce sui meccanismi psicologici che ne stanno alla base.

A fare un po’ di chiarezza arriva un recente studio condotto dal Professor Minoretti e colleghi, che ha analizzato il legame tra aviofobia e tratti di personalità, offrendo spunti interessanti sia sul piano clinico che terapeutico.

Lo studio: confronto tra aviofobici e viaggiatori frequenti

La ricerca ha coinvolto 60 soggetti affetti da aviofobia, selezionati secondo i criteri diagnostici del DSM-5, confrontati con 60 viaggiatori abituali scelti come gruppo di controllo. Questi ultimi, per la loro familiarità con il volo e la capacità di gestire senza timore un ambiente potenzialmente ansiogeno, rappresentano un campione ideale con cui misurare le differenze psicologiche.

Per valutare i profili di personalità è stato utilizzato il NEO Five-Factor Inventory (NEO-FFI), uno strumento validato che indaga cinque dimensioni principali: nevroticismo, estroversione, coscienziosità, gradevolezza e apertura mentale.

I risultati dello studio

I dati emersi sono molto chiari: i soggetti con aviofobia hanno mostrato punteggi significativamente più alti in nevroticismo e più bassi in coscienziosità e gradevolezza rispetto ai viaggiatori frequenti. Questo suggerisce che chi soffre di paura del volo tende a essere più emotivamente instabile, meno organizzato e meno incline alla cooperazione o alla fiducia negli altri.

Non sono invece emerse differenze rilevanti per quanto riguarda estroversione e apertura all’esperienza, indicando che la socievolezza e la curiosità intellettuale non sembrano influire in modo significativo sulla comparsa della fobia.

Implicazioni cliniche: verso interventi più personalizzati

Attraverso l’analisi statistica avanzata, i ricercatori hanno confermato che il nevroticismo è un forte predittore indipendente della presenza di aviofobia, mentre coscienziosità e gradevolezza sembrano avere un ruolo protettivo.

Queste scoperte aprono la strada a interventi psicologici più mirati, capaci di adattarsi al profilo di personalità del paziente. Strategie focalizzate sulla regolazione emotiva, sull’autoefficacia e sul rafforzamento della cooperazione potrebbero risultare particolarmente efficaci nel trattamento dell’aviofobia.

Il lavoro del Professor Minoretti e del suo team si inserisce in una prospettiva scientifica promettente, in cui il legame tra personalità e disturbi fobici è sempre più oggetto di interesse. Comprendere chi è più vulnerabile alla paura di volare, e perché, è un passo fondamentale per offrire strumenti terapeutici più efficaci e restituire libertà a chi ha visto il cielo trasformarsi in una barriera.

Lo studio più approfondito è disponibile andando sul sito web di PubMed, un autorevole database di letteratura biomedica.